La casa è lo specchio dell’anima

Quando sono andata a vivere da sola, si parla dell’8 marzo 2000, la mia casa era arredata in modo semplice ed essenziale. Nell’ingresso non c’era niente, cioè, c’era la porta e forse un tavolino da gioco pieghevole per evitare di buttare la borsa per terra quando rientravo dal lavoro. Nel salotto vuoto campeggiava solitario lo stendino per i panni. La camera da letto contava 2 sedie pieghevoli, facenti funzione di comodini, un armadio anni ’50 impiallacciato chiaro regalatomi da un collega, una cassettiera anni ’60 impiallacciata scura regalatami da una collega, entrambi destinati alla discarica e da me pietosamente raccolti, e infine una rete matrimoniale con materasso. Le altre due camere erano vuote, anzi, una delle due fungeva da magazzino, ma di fatto conteneva solo scatoloni di cartone vuoti ed ordinatamente impilati. Nella cucina c’era la  cucina, cioè il nucleo dell’attuale cucina, ovvero frigo, forno, lavello ed un tavolino pieghevole e traballante che era sia piano di lavoro che tavolo, ma solo per due persone. Un bagno era funzionante, l’altro sigillato, con le maioliche, i sanitari e gli accessori originali del 1952. Sui balconi desertici sopravvivevano, in un paio di vasi posati su di una mastodontica fioriera completamente arrugginita, alcune piante grasse lasciatemi in eredità dall’inquilino che vi aveva vissuto per 30 anni. Un solo tappeto, quello piccolo del bagno.

Il giorno in cui ho deciso di traslocare ero sola, i miei all’oscuro in quel di Parigi, ho riempito la cinquecento fino al tettuccio, ho infilato la chiave nel cruscotto, l’ho girata e la macchina non è partita. Ho ignorato il probabile segno del destino, ho bloccato il primo inquilino che mi è capitato a tiro, ho agganciato la sua batteria con i miei morsetti e sono partita lo stesso. Se non avessi avuto 30 anni suonati si sarebbe potuto parlare di fuga da casa.

Nei due anni successivi, che storicamente corrispondono al periodo londinese di Lui, le cose sono rimaste più o meno invariate. Ho cominciato a colonizzare i balconi con le piante, di facile trasporto, ho trasferito qualche mobiletto da casa dei miei, ho impilato i libri per terra, basta.

Poi Lui è tornato a Roma e nel giro di due anni abbiamo speso tutti i nostri soldi per riempirla, ma non troppo, non amo le case piene di oggetti e di mobili, le trovo soffocanti. Il mio preferito è in assoluto il salotto, io ho suggerito i mobili quadrati, Lui quelli tondi, io i tappeti e i cuscini, lui le stampe, mie sono le ceramiche e le piante, suoi i fossili e i sassi. Ora la casa è lo specchio di due anime, che mi sembrano in buona armonia ed equilibrio.


One Response to “La casa è lo specchio dell’anima”

  1. Memolina writes:

    molto bello qui…ho letto quasi tutto..mi sono divertita…scrivi bene..

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