N°6 – Il ballerino

Avevo 19 anni, lui proprio non mi ricordo. L’estate era tornata in effetti, e non volevo farmela sfuggire. Bruno, capelli lunghi e boccolosi, milanese, era un uomo che si era fatto da se. Il padre conduceva i camion della nettezza urbana, il fratello faceva l’idraulico, ma lui era riuscito a diventare ballerino. Oddio, non proprio ballerino, quanto basta per insegnare nel solito villaggio e far sospirare qualche fanciulla. Anche lui era fissato con le stelle e aveva idee fantasiose in proposito, come osservarle con l’ausilio di una torcia per illuminarle meglio. Aveva un discreto seguito ed un nutrito decalogo femminile. All’ennesima e particolareggiata descrizione della sua vita da viveur non ce l’ho fatta, mai avrei potuto infatti competere con certe pantere, per alcuni virtuosismi ci vuole la stoffa adatta, o forse l’uomo adatto.

N° 7 – Il surfista

Avevo 20 anni, lui 26. Biondo, occhi verdi, tavola sotto al braccio, pancetta sotto alla muta. Il valore di ogni cosa veniva stimato in numero di vele: un cappotto di cashmere, due vele, un’automobile, venti vele. Oltre a planare sulle onde si divertiva a suonare la tastiera e a cantare, io ero il suo pubblico estasiato. Figlio di amici di famiglia, villa al Circeo, laureato in economia all’università privata, era un uomo in carriera, lavorava molto ed era poco disponibile. Approfittò di un mio viaggio per dileguarsi con una breve telefonata nella quale mi assicurava chiarimenti imminenti. Sto ancora aspettando. E’ stato il primo a lasciare un brutto ricordo di se, ma prima o poi doveva pur succedere, no?

(continua … mancano i pezzi grossi … con calma, eh?)