Decalogo
 (Parte IV)

N° 8 – Il carabiniere

Avevo 21 anni, e lui anche. Per l’esattezza eravamo nati nello stesso giorno, una festa di compleanno per due, ogni regalo ricevuto per due.

Ufficiale in carriera, aveva fatto suo il motto del suo corso: ‘Essere più che sembrare’, in ossequio al quale adottava molti comportamenti. Ad esempio stirava solo i polsini, il colletto e l’abbottonatura delle camicie, oppure metteva ordine catapultando e comprimendo gli oggetti negli armadi, e ancora si faceva allungare i soldi da me prima di andare alla cassa del ristorante e pagare.

Viveva un rapporto conflittuale con la madre, a volte progettava drammatiche fughe da casa nelle quali lasciava un nastro registrato di addio contenente tutti i suoi rancori. Però restava a casa, e per dare sfogo al livore avvelenava lentamente, con iniezioni di alcool, le piante che la madre amorevolmente coltivava sul balcone. Era stato educato ad un gusto classico e mi regalava capi di abbigliamento che mia madre si sarebbe rifiutata di indossare perché a suo dire erano decisamente ‘da vecchia’. L’ultimo esemplare, una vestaglia lunga a quadrettoni e con i risvolti di velluto rosso, è stato stoccato solo qualche anno fa.

Aveva una visione del mondo ottocentesca, soprattutto riguardo al ruolo ricoperto dall’Arma. Ricordava spesso e con orgoglio il ballo delle debuttanti al quale aveva partecipato come cavaliere e che gli aveva permesso di sfoggiare le sue doti di ballerino di valzer. Logorroico come pochi, schiacciava qualsiasi conversazione perché su qualunque argomento aveva le sue considerazioni da fare. I miei amici cominciavano ad evitarci, ma io potevo forse rinunciare all’amore per qualche amico poco paziente?

Pilota provetto, si era specializzato in guida veloce ed era riuscito nel primo mese di guida a totalizzare qualcosa come nove incidenti, un paio dei quali in mia compagnia. Scriveva poesie, le annotava in bella calligrafia su di un’agenda dell’Arma della quale io ero la depositaria. Erano sull’amore, sulla morte, sul dolore, qualcuna era persino dedicata a me, poche, a dire la verità. Le più belle erano dedicate ad altre donne, quelle alle quali aveva dovuto rinunciare per me. Alcuni versi li avevo imparati a memoria ed anni dopo, quando oramai ci eravamo lasciati e mi ero vista costretta a restituirgli l’agenda, li cercai sulla rete, possibile depositaria, e li trovai, ma non erano i suoi, erano bensì quelli di una poetessa degli anni cinquanta.

L’Arma ci separò, spedendolo a seicento chilometri da me, devo ancora ringraziarla per questo. Lontana da lui mi resi conto che stavo meglio, e molto, ma potevo forse rinunciare all’amore per questo? Mi ci vollero parecchi mesi e disavventure per decidermi definitivamente. Durante una delle numerose telefonate che seguirono mi annunciò con enfasi drammatica che stava scrivendo un’autobiografia dal titolo ‘Anatomia di un suicidio’. Per quanto ne so è ancora vivo, anche se un suo omonimo è deceduto durante la prima guerra mondiale, scherzi della rete.

E poi conobbi Lui.


4 Responses to “Decalogo
 (Parte IV)”

  1. anonimo writes:

    dopo una tale descrizione, la domanda nasce spontanea:
    cosa ti piaceva di lui?

  2. occhivispi writes:

    Beh, cerco di ricordare. Un bel ragazzo, mi faceva ridere, sembrava molto intelligente, molto sicuro e molto presente … e poi lo vedevo con gli occhi dell’amore.

  3. fantamoni writes:

    ma guarda… io a sedici anni sono stata con un paracadutista che scriveva poesie copiando i versi da altre poesie. una noia mortale. si vede che l’arma ispira lo scopiazzamento.
    ciao!! non vedo l’ora di leggere l’ultima puntata quando torno!

  4. Myria writes:

    A quanto pare tutte abbiamo uno scheletro di carabiniere nell’armadio… e per quel che mi riguarda, non ho nemmeno da chiederti cosa ti piacesse di lui… gli occhi dell’amore vedono cose che comuni mortali nel pieno delle proprie facoltà mentali non possono nemmeno immaginare… :-/

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