Caparbietà

La gatta Spaurita è in calore. Chiusa nel nostro appartamento, giorno e notte miagola al mondo il suo desiderio e la sua frustrazione. Poco possiamo fare per calmarla. Io ho trovato un sistema, la chiamo e le parlo, lei viene, mi guarda, inclina il capo e mi ascolta attenta e, fintanto che parlo, non miagola.

“Ti ricordi Spaurita, gatta disgraziata, quella volta che per andare in vacanza ti abbiamo lasciata insieme all’altro gatto, il Bulimico, dalla nostra amica Sarah, la dottoressa, in compagnia dei suoi tre gatti? Te lo ricordi? Ti ricordi che una volta arrivata a casa sua ti sei nascosta e lei per due giorni, nello spazio di 40 metri quadri, non è riuscita a trovarti? E che all’alba del terzo giorno hai deciso, farlocca, di emettere un flebile miagolio e lei, esausta, ha cominciato a smontare l’armadio e ti ha trovata in un buco microscopico che chissà come ti ci eri infilata, infingarda? Approfittando di un attimo di distrazione di lei sei scappata nel piccolo giardino, hai trovato un buco nella recinzione e ci sei passata attraverso, gaglioffa, fino a diventare imprendibile. Sarah ha cercato di convincerti a rientrare, ti ha detto che dentro non c’era pericolo, che gli altri gatti li conoscevi già, no? Ma tu, infida, sei rimasta dietro la rete sopra al muretto affacciato su di un altro giardino, una decina di metri più in basso, incurante della pioggia e delle moine.

Ti ricordi che noi, di ritorno dopo una settimana, ti abbiamo trovata ancora lì, stolta, che quasi non ci hai riconosciuti, dopo più di un anno di convivenza, ingrata, e col piffero che ci sei venuta incontro? Una giornata intera di tentativi non sono stati sufficienti per riuscire a prenderti, e siamo tornati il giorno dopo, e abbiamo tagliato con le cesoie la rete del giardino di Sarah, e con una battuta di caccia a tre, Lui in piedi sul muretto, io con il rastrello, Sarah con le braccia protese per afferrarti e tu, folle, ti sei gettata nel vuoto pur di non cadere nelle nostre amorevoli mani. E nei giorni seguenti? Ti abbiamo data per dispersa, il giardino sottostante non era accessibile, non sapevamo se eri morta o cosa, tapina, fra i rovi era impossibile scorgere alcunché. E poi quando, dopo quattro giorni, siamo finalmente riusciti ad ottenere le chiavi del cancello del giardino dal comune, e abbiamo visto che tu eri li, viva e sparuta, e sempre talmente rincitrullita da non farti acchiappare. Lì ti abbiamo lasciata, pusillanime, per tornare il giorno dopo muniti di cibo e di costoso sonnifero, ma tu non c’eri più, beffarda, e chissà dove te ne eri andata.

E quando allora abbiamo deciso di battere il quartiere per trovarti, ed io la seconda notte ti ho scorto, finalmente, al buio, la sagoma inconfondibile, che te ne andavi in giro dietro ad un altro gatto. Ti ho chiamata, ti sei girata, mi sono avvicinata e ti sei nascosta sotto ad una macchina parcheggiata, allora con dolcezza, lentamente ti ho attratta, esasperata ho afferrato una zampetta, decisa a giocarmi il tutto per tutto, e tu mi hai aggredita, ti sei difesa con le unghie e con i denti, babbea, conficcandoli nella carne delle mie mani, fino alle ossa, ma non ho ceduto, ti ho presa per la coda, e mentre mi massacravi ho aperto il bagagliaio della mia macchina, e ti ci ho sbattuta dentro, sotto lo sguardo attonito di una madre e di un bambino. Con te finalmente catturata, febbricitante e sanguinante sono andata da Sarah, le ho mostrato le mani distrutte e le ho chiesto, per favore, di fare qualcosa. Mentre lei mi curava e mi bendava mi ha chiesto

  • Ma sei sicura che sia lei?
  • Come no!
  • Perché sai, da queste parti c’è un’altra gatta identica, anche io mi ero sbagliata.

E allora con le mani fasciate, ancora tremante sono tornata alla macchina, ho socchiuso il bagagliaio, ho sbirciato all’interno con una torcia, ti ho guardata negli occhi gialli parecchio incazzati e non eri tu, maledetta, ma una sporca randagia, con il tuo stesso pelo grigio uniforme e le tue stesse dimensioni. Ho chiesto scusa per lo sgradito diversivo, e la sconosciuta è scappata in un lampo.

Quando oramai avevo perso ogni speranza di ritrovarti ed il Bulimico in casa belava disperato per la tua mancanza, sei entrata in casa di Sarah, come niente fosse, di notte, vigliacca, hai mangiato e te ne sei nuovamente uscita, comoda, indisturbata. Io e Lui allora la sera successiva, muniti di pizza, videocassetta e tanta pazienza, abbiamo costruito una complessa trappola con tanto di spago e chiusura a ghigliottina, vi abbiamo sistemato il cibo e tu, bastarda hai mangiato la foglia. Dopo la cattura abbiamo finito di vedere il film e ce ne siamo tornati a casa.

Ti ricordi dopo quanto eri contenta, eh, piccola disgraziata? Quante fusa facevi, come ti strisciavi con tutti, eh? E ora quando ti passa questo calore, eh? Quando?”

Ho finito di parlare, lei si volta, si allontana e riattacca lo straziante miagolio. Non mi resta che mettere i Queen a tutto volume.


3 Responses to “Caparbietà”

  1. BorderlineLove writes:

    Eheheh simpatica però la gatta spaurita! I Queen a tutto volume sono un ottimo rimedio, sempre e comunque. Ciao 🙂

  2. fantamoni writes:

    ciao!! non posso riaprire il blog, ci avevo pensato ma proprio non ci riesco :), comunque ci sono… e ti leggo sempre, un bacione!!

  3. occhivispi writes:

    #BORDERLINELOVE, La vuoi ? E’ carina, dolcissima, un tesoro, la vuoi ? Te la regalo, te la porto, anzi, eh ?

    #FANTAMONI, Ciao !!! Ci sei allora !!! Ma come non ci riesci ad aprire il blog, dai, non ci posso credere, chiama il Dottor Splinder, riaprine un altro, crea un archivio, qualcosa, sei scomparsa anche dalla cache di google (sig). Va bene, userò la posta di Splinder, sperando che tu la possa leggere. 🙂

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