Diamanda Galas

Nella splendida cornice della Sala Santa Cecilia nel nuovo complesso dell’auditorium di Roma si è esibita ieri in concerto Diamanda Galas. E chi è? La grande cantante sperimenta un genere unico, ecco, non ci capirò niente, del Gospel di sofferenza, dolore, disperazione e morte. Ma il Gospel non era un canto gioioso? Dovevo leggerla più attentamente la recensione. Il numeroso pubblico accorso hanno terminato solo i biglietti ad 11 Euro, stiamo tutti spalmati sul fondo è impaziente di conoscere la cantante. Io nel frattempo leggo Quino. Sul palco deserto c’è solo un pianoforte. Ma il pavimento della cavea non era in ciliegio come il resto? C’hanno messo il linoleum nero? Boh!

Cala il buio nella sala, mi piace sempre questo momento, la volta sembra un cielo stellato compare la cantante accolta da un’ovazione sono matti che urlano tutti quanti? e si siede al pianoforte. Certo un po’ di luce la potevano lasciare, così non inciampava nei fili. Una tenue luce si accende sopra lo spartito e le sue dita cominciano a correre leggere sui tasti del piano, accidenti come li pesta, mica è la pianola di un saloon e la sua voce si espande finalmente nell’aere. Oddio, non sarà mica tutto così il concerto! L’artista, unica al mondo e menomale, è in grado di coprire fino a quattro ottave. Si, ma canta? Cioè, questi sono vocalizzi, mi pare, strazianti, ma vocalizzi. L’uso sapiente degli organi fonatori, prima o poi le zompano tutte le corde vocali se continua così, le permette l’interpretazione di una lirica appassionata che narra le vicende più drammatiche della storia dell’umanità. Tutte? I testi delle sue canzoni sono tratti da poemi scritti in molte lingue, alle quali si attiene fedelmente per cantare. Sarà mica la stessa canzone, in più lingue? Morbidi effetti sonori, come un frullare di ali, fanno da sfondo al concerto. Io ho distintamente sentito dei maiali che grugnivano.

Colpi delle sue mani al corpo del piano evocano il rumore delle casse da morto. Buona con quelle mani che quel piano non è mica tuo. La sua nera figura che corvaccio è scossa da fremiti di passione. Il pubblico la osanna alla fine di ogni pezzo. Ha finito di scolarsi il primo boccione di acqua, forse siamo al giro di boa. Il suo stile ricorda Guernica di Pablo Picasso. Continua a stracciare, spezzare, massacrare tutte le note, sembra di essere in un incubo e di ascoltare una spettrale musica distorta.

Al termine del concerto si alza composta ed al calar delle luci si dirige verso le quinte. Ma dove va? Dall’altra parte?! La quinta è di là. Ora ce ne andiamo al Tiepolo e mi mangio un bel … Ed eccola che rientra acclamata per un bis nnnoooooooo che concede con un brano in Italiano questo è Italiano!? tratto da una struggente poesia di Pier Paolo Pasolini dedicata alla madre. La controversa cantante almeno questo è stata ancora una volta indimenticabile sicuro e farà ancora parlare di se. Non contate mai più su di me.



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