Amarcord

C’era una volta una piccola laureata in fisica che lavorava, grazie ad una borsa di studio, in un famoso ente di ricerca italiano. La ragazza doveva svolgere degli studi legati allo strato di ozono stratosferico, quello che ci protegge dai dannosi raggi ultravioletti, non quello che ci avvelena in città, e per questo era stata accolta in un minuscolo gruppo di lavoro. Aveva imparato ad usare uno strumento per effettuare le misure di ozono e sapeva come interpretare i dati che produceva. Il gruppo di cui faceva parte avrebbe potuto utilizzare tutte le informazioni messe a disposizione da strumenti analoghi, presenti in tutto il mondo, per effettuare analisi e valutazioni relative all’ozono. Questi ed altri dati potevano essere inseriti in un modello per ottenere delle previsioni, un po’ come si fa in meteorologia. Ma così non fu.

Forse qualcuno ancora se ne ricorda, nel 1995, all’inizio dell’estate, molte testate nazionali cominciarono a pubblicare giornalmente, accanto alle previsioni del tempo e alle temperature nelle principali città italiane, un ‘bollettino UV’, ovvero una mappa che indicava orientativamente per quanti minuti era possibile esporsi al sole nella fascia oraria intorno a mezzogiorno senza correre il rischio di ustionarsi. La mappa solitamente divideva l’Italia in tre fasce: a sud, ovvero a latitudini minori, il sole è più alto, quindi il rischio è maggiore. La pubblicazione della cartina era stata anticipata da servizi a piena pagina che ricordavano i danni provocati dal sole sulla pelle, la necessità dell’utilizzo di creme protettive ed i fattori di rischio in base al fenotipo, ovvero al tipo di pelle. Interviste ai dirigenti dell’ente, presentate al telegiornale, avevano messo in rilievo l’importanza del servizio informativo offerto e, implicitamente, quella dell’operatività dell’ente. Finalmente anche in Italia, come accadeva già nel resto dell’Europa, si offriva un servizio utile al cittadino.

Molti italiani avranno sorriso nel guardare le mappe chiedendosene l’utilità: “Qui dice che fra le 11 e le 15 più di dieci minuti al sole non ci posso stare, ma vogliamo scherzare? Con tutto quello che mi costa questa vacanza al mare?”, “Che vuoi che sia un po’ di sole, non ha mai ammazzato nessuno”, “Addirittura il cancro alla pelle? Ma che menagrami questi qui!” Qualcuno avrà pensato invece “Ecco, ci lamentiamo sempre che la ricerca in Italia va male, non è vero, questi sono i risultati!”

Sapete come veniva svolto il servizio? L’Ente pagava un altro ente di ricerca greco che giornalmente inviava direttamente alla sottoscritta, la giovane laureata, il bollettino completo, io toglievo la legenda e le intestazioni in greco, le sostituivo con le analoghe in italiano ed inviavo il tutto all’ANSA, i quotidiani leggevano quanto emesso dall’ANSA, rifacevano un po’ il trucco alla mappa, tanto per non stampare tutti quanti la stessa immagine, e pubblicavano. Voilà, semplice no? L’Ente si sarebbe potuto attrezzare per svolgere lo stesso lavoro dei greci. Ma così non fu.

Come mi è venuta in mente questa storia? Perché nel corso di una sola mattinata, trascorsa a sciare allegramente, sono riuscita a procurarmi un’ustione al volto di qualche grado. Evidentemente non sono così intelligente come i miei titoli di studi lascerebbero intendere.

4 Responses to “Amarcord”

  1. licenziamentodelpoeta writes:

    Succede. E’ che sapere è una cosa ed essere costantemente consapevoli è un’altra.

  2. Myria writes:

    ..non c’è da rimanere allibiti per i metodi di “ricerca” nostrani, nel leggere il tuo post, vero..?

  3. rotaciz writes:

    🙂 Meravigliosa…anche io voglio sciare…

  4. alice121 writes:

    è come quei medici che fanno l’agopuntura per far smettere di fumare e succede che poi quando t’infilano gli aghetti devi trattenere il fiato per l’odore di fumo che emanano;-)

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